Commediografo, attore, giornalista, esperto di filatelia. Può essere definita davvero proteiforme la personalità di Amerigo Manzini, fondatore dell’Usfi (tessera numero 10), scomparso a Firenze l’8 ottobre 1978, alla bella età di 95 anni. Era membro del collegio dei probiviri.
Manzini era nato a Livorno il 23 settembre 1885. Laureato in Lettere, esordì nel giornalismo al “Telegrafo” per poi passare ad altre testate, tra le quali “La Gazzetta del popolo”, di Torino, di cui fu redattore.
Già negli anni Dieci Manzini si dedicò al teatro, collaborando alla stesura dei testi di commedie come “Malavita”, “Che non perdona” e “Tsf”. Tra il 1912 e il 1921 partecipò come attore a una decina di film: il primo fu nel 1912 “La miniera di ferro”, per la regia di Oreste Mentasti; l’ultimo fu “La cugina”, del 1920, per la regia di Gero Zambuto. Nel 1917 girò come regista “La musa del pianto e quella del sorriso”. Tre le pellicole cui partecipò: “La più bella donna del mondo”, per la regia di Luigi Mele (1920); “La cavalcata del capriccio”, diretto da Luigi D’Alba Vecchi (1921); “Il crisantemo macchiato di sangue”, per la regia di Domenico Di Maggio 1921.
Come scrittore, negli anni Venti pubblicò alcune novelle, come “Ucciditi per me” e “Le cocottes e il signor Fu”. Sposato con l’attrice Italia Almirante, famosa diva del cinema muto, cugina del regista Mario e zia del giornalista e politico Giorgio, negli anni Trenta Amerigo Manzini la seguì in Sudamerica, dove collaborò con alcuni quotidiani. Italia Almirante morì a San Paolo del Brasile, il 16 settembre 1941, a causa della puntura di un insetto velenoso.
Rimasto vedovo, nel 1941 Manzini tornò in Italia e lavorò come giornalista professionista. Negli anni Sessanta curò una rubrica filatelica sul “Messaggero veneto” di Udine e sul settimanale “Nuova enigmistica tascabile” di Firenze. Nel 1967 gli venne assegnato il premio filatelico “Ninò Bruschini”, istituito dall’Ente fiera di Roma. Fu membro dell’Accademia italiana di storia postale.